Le piante sono degli organismi autotrofi (dal Greco. αὐτός "stesso" e τρέϕω "nutro").
Ovvero riescono a fabbricare da loro stesse le sostanze organiche di cui hanno bisogno per vivere (zuccheri, acidi organici, amminoacidi/proteine, vitamine, ormoni etc.), a partire da semplici elementi minerali (sali minerali, CO2 ed acqua).
Per fare questo però hanno bisogno di una fonte di energia; che possa permettere loro di effettuare le reazioni chimiche necessarie alla sintesi di tutte queste sostanze organiche.
Questa energia viene loro fornita dalla luce dell'ambiente in cui vivono.
Tutto il processo relativo alla produzione/sintesi di queste sostanze organiche a partire da luce ed elementi minerali viene definito: "Fotosintesi".
La Fotosintesi non è un processo molto efficiente; e solo il 4-6% della energia luminosa assorbita viene convertito in energia chimica.
Nonostante questo, la Fotosintesi costituisce il motore di tutta la vita sulla terra.
Per fare questo, le piante si servono di cosiddetti: "pigmenti fotosintetici"; ovvero di composti, situati all'interno delle loro foglie, che riescono ad "estrarre ed incamerare" l'energia luminosa trasportata dai fotoni della luce incidente sulle loro foglie.
Sfruttando quindi questa energia per complesse operazioni di bio-sintesi di cui sopra.
I due principali pigmenti fotosintetici sono le due Clorofille: la "Clorofilla a" e la "Clorofilla b"; le cui molecole, quasi identiche, vediamo qui sotto.
Importante notare che la loro struttura risulta imperniata su di un atomo di Magnesio.
Le piante hanno quindi bisogno di luce nella giusta quantità e qualità e di nutrienti minerali.
In particolare, la luce che permette una buona crescita delle piante acquatiche dovrebbe avere ben determinate caratteristiche qualitative e quantitative.
Dovrebbe innanzitutto presentare uno spettro (ovvero una grafico della intensità luminosa rispetto alla lunghezza d’onda), abbastanza continuo tra circa 400 nm e circa 700 nm (dal vicino ultravioletto al vicino infrarosso).
Questo intervallo di frequenze è quello che viene considerato utile per la fotosintesi e definito intervallo di luce PAR (ovvero Photosynthetically Active Radiation = Radiazione Fotosinteticamente Attiva).
Nonostante la luce PAR consideri tutto l’intervallo tra 400 e 700 nm, non tutte le lunghezze d’onda sono uguali per le piante; ovvero ci sono dei valori di lunghezze d’onda che risultano preferiti dalle piante in quanto più efficienti di altri nello stimolare la fotosintesi.
E, come è facile pensare, sono quelle che stimolano maggiormente i principali pigmenti fotosintetici delle piante; Ovvero: la Clorofilla A, la Clorofilla B.
Qui di seguito vediamo lo spettro di assorbimento delle due Clorofille
Come si vede, la Clorofilla a possiede un picco di assorbimento intorno a 440 nm ed un altro intorno a 660 nm; mentre la Clorofilla b possiede un picco di assorbimento intorno ai 460 nm ed uno intorno ai 640 nm;
Ma vi sono, all'interno delle piante, anche degli ulteriori pigmenti fotosintetici; cosiddetti "pigmenti fotosintetici accessori".
Accessori perchè non sono i principali responsabili della fotosintesi e non sono presenti in quantità importanti in tutte le piante.
Il principali pigmenti fotosintetici accessori sono i Carotenoidi (Caroteni e Xantofille) e gli Antociani.
Essendo i Carotenoidi i principali e maggiormente diffusi tra i due.
Qui sotto raffrontiamo gli spettri di assorbimento delle due Clorofille (A e B) con quello dei Carotenoidi.
Si vede che i Carotenoidi hanno picchi di assorbimento (ovvero fotosintetizzano) in un intervallo di lunghezze d'onda parzialmente sovrapponibile a quello inferiore delle Clorofille.
Essendo attivi prevalentemente tra circa 450 e 550 nm.
La pianta nel suo insieme avrà quindi uno spettro di assorbimento funzione di tutti i gli spettri di assorbimento dei singoli pigmenti fotosintetici di cui risulta provvista.
Ne consegue che la luce deve essere fornita nella giusta intensità e, pur rimanendo all’interno del range [400-700] nm, con i corretti rapporti reciproci tra le singole lunghezze d’onda (ovvero con il corretto “spettro”).
A titolo di esempio, vediamo di seguito lo spettro fotosintetico dell’Egeria densa.
Una volta assorbita poi, la luce deve venire utilizzata dalla pianta al suo interno per compiere le reazioni biochimiche facenti parte del ciclo della Fotosintesi.
Ed anche qui, non tutte le lunghezze d'onda sono uguali, in quanto alcune più di altre riescono a stimolare la fotosintesi.
Ovvero, a parita' di numero di fotoni assorbiti, alcune lunghezze d'onda hanno una maggiore efficienza a riguardo.
Si può quindi graficare l'efficienza relativa delle varie lunghezze d'onda nello stimolare l'attività fotosintetica e si ottiene uno spettro come il seguente, detto spettro di Resa Fotosintetica o Resa Quantica (Quantum Yield) :
L’illuminazione più adeguata alla crescita delle piante nei nostri acquari quindi deve tenere conto di queste necessità e produrre una buona percentuale della sua luce negli intervalli del blu e del rosso.
La combinazione di questi due intervalli però produce una luce violacea piuttosto buia e poco piacevole all’occhio umano ed a quello degli animali acquatici.
In un acquario normale è bene quindi associare alle sorgenti luminose aventi questo spettro, delle ulteriori sorgenti luminose a luce bianca per bilanciare il colore e renderlo piacevole a persone ed animali.
L’intensità invece dovrà essere funzione delle specie ospitate e dei propri obiettivi circa la crescita delle piante coltivate (velocità e colorazione essenzialmente).
Parlando di intensità inoltre, bisogna innanzitutto ed inevitabilmente fare riferimento ad essa in una qualche unità di misura.
Al fine di quantificare la luce incidente su di una superficie comunque, dobbiamo innanzitutto ricordare la natura duale della luce (corpuscolare/elettromagnetica; ovvero quantistica/energetica); che fa si che possiamo ragionare in termini di energia oppure in termini di numero di fotoni (quanti di luce).
Potendo comunque in ogni momento effettuare la reciproca conversione in entrambi i versi.
A riguardo vengono usati diversi parametri.
I due più comuni (ed anche corretti) sono i seguenti:
1) L’Irradianza (ovvero la densità di potenza luminosa) PAR;
Ovvero ancora la quantità di energia luminosa PAR incidente su di una unità di superfice nella unità di tempo.
Indicata in Watt di luce PAR su metro quadro (W/m2)
2) La densità del flusso di fotoni di luce PAR;
Ovvero la quantità (il numero) di fotoni di luce compresi nell’intervallo di lunghezza d’onda [400 – 700 nm], incidenti su di una unità di superfice nella unità di tempo.
Chiamato PPFD (Photosynthetic Photon Flux Density) Indicata in micro Moli di luce PAR su metro quadro di superficie al secondo (µmoles/m2/s); laddove 1 mole di fotoni = 6.022 x 1023 fotoni.
In generale, la Fotosintesi è favorita dal numero di fotoni piuttosto che dalla loro energia.
Ecco quindi che risulta preferibile usare un parametro che tenga conto del numero di Fotoni (PPFD) piuttosto che della energia (Irradianza PAR).
Ad ogni modo, questi sopra sono due parametri oggettivi ma non soggettivi.
Ovvero sono due parametri sono legati alla luce che raggiunge la pianta (al numero di fotoni oppure alla energia in gioco), ma non alla risposta della pianta ad essi.
Ovvero non ci dicono quanto efficiente possa essere questa luce per sostenere la fotosintesi.
Abbiamo però visto prima che alcune lunghezze d'onda sono più efficienti nello stimolare la fotosintesi.
Ecco allora che, se volessimo tenre in considerazione anche questa caratteristica, dobbiamo fare riferimento al parametro seguente:
3) La resa/efficienza della densità del flusso di fotoni PAR, pesata dallo spettro di Resa Fotosintetica (Quantum Yield).
Chiamato YPFD (Yield Photon Flux Density)
Con questa espressione si considera quindi tutto l’intervallo di lunghezze d’onda PAR e si attribuisce maggiore importanza (peso) ai fotoni delle lunghezze d’onda a cui le piante sono piu’ sensibili e meno ai fotoni delle lunghezze d’onda a cui le piante sono meno sensibili, così come visto nello spettro del Quantum Yield sopra.
Queste sono le entità migliori, precise ed utili scientificamente (in particolare la YPFD); ma con cui indubbiamente il normale acquariofilo non ha facilità a rapportarsi.
Ecco che allora dobbiamo inevitabilmente utilizzare parametri sicuramente meno appropriati, ma di più semplice comprensione e misurazione.
Le due unità di misura più usate (ancorché poco valide) a riguardo, sono quindi ancora oggi:
1) La quantità di potenza elettrica assorbita dalla sorgente luminosa; indicata in Watt
2) Il flusso luminoso generato dalla sorgente luminosa, pesato dalla curva di visibilità dell’occhio umano (curva fotopica); indicato in Lumen.
3) La densità di lumen; ovvero la quantità di Lumen incidenti su di una superficie di un metro quadro; indicata in Lux = Lumen/m2
Queste unità di misura sono ben poco indicative per i seguenti motivi:
1) La potenza elettrica assorbita dalla sorgente luminosa non è automaticamente legata alla potenza luminosa emessa (rendimento che cambia in funzione delle tecnologie: Fluorescenti, LED etc.)
2) I lumen sono pesati dalla curva fotopica dell’occhio umano, che è molto diversa e quasi complementare a quella delle piante (Quantum Yield) vista sopra.
Come e' possibile vedere sotto.
Quindi pesando una misura della luce con la Curva Fotopica (dell'occhio umano) anzichè con la Quantum Yield (delle piante), si attribuirà più importanza a lunghezze d’onda che alle piante interessano poco (il giallo-arancio, intorno a 555 nm) e poca a lunghezze d’onda alle quali l’occhio umano è meno sensibile (blu e rosso) mentre invece lo sono in massima misura le piante
3) I lux rappresentano i lumen su metro quadro. Risentono quindi delle limitazioni già discusse dei lumen.
A beneficio di una analisi ulteriore, riportiamo qui sotto la Curva Fotopica dell'occhio umano, lo spettro di assorbimento di Egeria densa e lo spettro di resa fotosintetica (Quantum Yield) delle piante.
Dal raffronto tra lo spettro di sensibilità dell’occhio umano (curva Fotopica) e quelli di assorbimento e di Resa/Efficienza/Sensibilità delle piante (Quantum Yield), si nota subito che la lunghezza d’onda (555 nm) a cui è massimo del primo (spettro della sensibilità umana) coincide circa perfettamente con quella a cui è minimo il secondo (spettro della sensibilità delle piante).
Dunque parametri ed unità di misura basati sulla sensibilità dell’occhio umano hanno utilità molto relativa quando si ha a che fare con le piante.
Queste unità di misura hanno però il pregio di essere facilmente comprensibili e facilmente misurabili (Watt) o reperibili (Lumen; forniti direttamente dalle aziende produttrici delle singole sorgenti luminose).
Come comportarsi dunque quando si vorrebbe scegliere per una sorgente luminosa ma il produttore non comunica i dati relativi al PPFD ne, tantomeno quelli relativi all’YPFD?
Purtroppo non è affatto facile dare delle indicazioni a riguardo.
In linea del tutto generale si può consigliare innanzitutto di basarsi sullo spettro della sorgente di illuminazione usata.
Spettro che dovrebbe essere reso noto dalla azienda produttrice.
In questa situazione ovviamente sono da preferire quegli spettri che meglio assomigliano allo spettro fotosintetico delle piante.
Secondariamente bisogna fare affidamento sui valori di Lumen dichiarati dalle aziende produttrici delle sorgenti di illuminazione usate (oggigiorno prevalentemente tubi fluorescenti e LED) e calcolare da quelli i Lux incidenti sulla superficie della propria vasca.
Qui a lato si vede un esempio di discreta professionalità data da una azienda produttrice di sorgenti luminose.
Pur non venendo forniti i valori di PPFD o di YPFD, viene fornito lo spettro di emissione e dei parametri fotometrici basati sulla curva fotopica; quali ad esempio il valore di Lumen emessi e l’efficienza di conversione luminosa (quanti lumen vengono prodotti per ogni Watt di potenza elettrica assorbita).
Facciamo allora qualche ragionamento, utilizzando anche come riferimento il dato relativo alla massima irradiazione luminosa sulla superficie terrestre; ovvero considerando che in una giornata di sole estiva a mezzogiorno, sulla superficie di uno specchio d’acqua, si arrivano a misurare circa 120000 Lux.
Il conteggio dei Lux in acquario è facilmente e presto fatto.
Basta considerare la quantità di Lumen totali emessi dall’impianto di illuminazione sovrastante la vasca e dividerlo per la superficie in metri quadri della vasca.
Es.
Vasca di 100x50x50 cm => Superficie (in metri quadri)= 1x0,5= 0,5 mq
Lumen totali emessi dall’impianto di illuminazione= 15000
Lux incidenti sulla superficie della vasca = 15000/0,5 = 30000
Relativamente ai Lux ed alla coltivazione delle piante in vasca possiamo dire che le loro necessità a riguardo possono essere schematizzate come segue:
Piante molto esigenti (Illuminazione Forte) => Circa 40000 Lux
Piante mediamente esigenti (Illuminazione media) => Circa 20000 Lux
Piante poco esigenti (Illuminazione bassa) => Circa 10000 Lux
In queste condizioni, un numero di ore adeguato per permettere una corretta fotosintesi e nutrizione alle piante può essere indicato in 8-10 ore giornaliere